Nel corso delle ultime settimane abbiamo curato la preparazione e l’uscita di tre Enzimi: il n.4 Continuità operativa, il n.5 Circular business models e il n.6 Normativa
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Enzima n.4 - Continuità operativa
La cosa più importante che abbiamo imparato da questa pandemia è che non eravamo preparati ad affrontarla!
Ti sembrerà strano ma è proprio questo il più grande insegnamento che ci rimane da quanto è accaduto: non avere un piano B fa tutta la differenza del mondo.
Nonostante il rischio di imbattersi in situazioni estreme, come appunto una pandemia, un evento sismico o un evento atmosferico estremo causato dal cambiamento del clima, siano oggi sempre più reali, molte aziende e molti mercati sono ancora impreparati a prevenirne le conseguenze.
Il senso d'urgenza, amplificato dalla pandemia in corso, ha fatto sì che il concetto di Continuità Operativa fino ad oggi semi sconosciuto, stia diventando, per tutte le aziende, private e pubbliche, una delle priorità a cui tendere nel prossimo futuro.
In questo quarto Enzima cerchiamo di declinare questo concetto, guidato dalla norma tecnica specifica rappresentata dalla ISO 22331 Security and resilience — Business continuity management systems — Guidance for business continuity strategy, alla sua applicazione nell'ambito della sostenibilità, cercando di creare una visione rigenerativa attraverso il concetto di resilienza trasformativa, già sviluppato nell'Enzima 2.
Quando si parla di Continuità Operativa o Business Continuity e di un cambio di paradigma rivolto ad un approccio circolare e sostenibile, non si può che partire dalla Supply Chain, dalla sua analisi e dalla sua definizione. Sin dall'inizio della pandemia, infatti, la Supply Chain di molti settori ha subito un brusco rallentamento dovuto alle imposizioni sanitarie, che hanno di fatto fermato il normale traffico di materie prime. Rallentamento che in certi casi ha compromesso intere filiere di produzione, soprattuto per chi utilizzava materie prime che arrivavano da Paesi lontani - oltretutto con un forte e reale impatto sull'ambiente - come dimostra in questi giorni la crisi dei Pomodori Made in Italy per mancanza di materia prima per realizzare i contenitori delle conserve, proveniente in larga parte dalla Cina.
Come conseguenza a queste limitazioni, nasce oggi l'esigenza di valutare con attenzione i rischi corrispondenti alle minacce emergenti valutando nuovi percorsi sostenibili che iniziano proprio con l'accorciare le filiere di approvvigionamento, valorizzando territori e produzioni locali applicando logiche di Resilienza Trasformativa. (Enzima n.2)
La ricerca sistemica orientata ad un nuovo approccio territoriale, è alla base dei nuovi modelli di business, che collocano al centro del concetto di Continuità Operativa anche valori diversi da quelli economici, ma di grande importanza, come quelli ambientali e soprattuto sociali. Non dimentichiamo, infatti, che la crisi pandemica in atto non ha solo colpito il capitale economico delle imprese, ma anche il capitale umano che si è trovato all'improvviso senza reddito, innescando un meccanismo insostenibile rispetto agli standard pre-pandemia.
Enzima n.5 - Circular business models
Negli Enzimi precedenti abbiamo visto quanto la visione circolare sia fondamentale per rigenerare aziende e territori e abilitarne la resilienza (n.2 e n.4), anche se a volte i progetti di economia circolare possono nascondere dei “blind spot” che ne minano alla radice la vera sostenibilità (n.1); per questo motivo, utilizzare spirito critico e pensiero creativo consente di focalizzarsi su modi più innovativi e sostenibili per rispondere alle esigenze di mercato (n.3). Ma, in concreto, come “si fa” l’economia circolare? Con questo Enzima scendiamo nel dettaglio dei suoi strumenti più operativi: i modelli di business circolari.
In un modello di business circolare, prodotti e servizi vengono progettati per distribuire valore economico, ambientale e sociale al più vasto insieme possibile di stakeholder.
La definizione dei modelli di business circolari si fa generalmente risalire ad una pubblicazione di Accenture del 2014: Circular Advantage - Innovative Business Models and Technologies to Create Value in a World without Limits to Growth
Il report parla di 5 modelli di business, identificati a partire da un pool di 120 buone pratiche di aziende capaci di migliorare la produttività delle risorse in modo innovativo; questi 5 business model impattano su diverse fasi della catena del valore circolare:
filiera produttiva circolare
recupero di risorse
estensione del ciclo di vita
piattaforme di condivisione (sharing economy)
prodotto come servizio (product as a service - PAAS)
L’applicazione pedissequa di questi modelli non mette comunque al riparo dalla potenziale generazione di esternalità e impatti negativi, ovvero di blind spot.
Ma come si fa a generare innovazione circolare che non produca i blind spot di cui parliamo nell’Enzima 1?
Per prima cosa, bisogna ripartire da un'analisi critica dell'esigenza attraverso tutto il percorso metodologico che abbiamo descritto all'interno dell'Enzima 3.
In seconda battuta, occorre ripensare in modo rigenerativo non soltanto il modello di business, ma anche tutto ciò che attiene al prodotto e al processo, effettuando una verifica preliminare degli impatti.
Enzima n.6 - Normativa
L'Enzima n.6 è più tecnico e "obbligato" del solito, parliamo infatti di Normativa, già, proprio quella normativa che dovrebbe aiutarci ad accelerare il transito verso dei nuovi modelli di business circolari e sostenibili di cui abbiamo parlato nello scorso Enzima n.5. Usiamo il condizionale perchè, nonostante oggi ci siano tutti i presupposti per applicare le indicazioni normative per accelerare una vera transizione ecologica, queste rimangono ancora nascoste e ben lontane dall'essere davvero applicate.
Ciononostante, la strategia dell'UE è chiara e la trasformazione verso un Economia Circolare una strada senza ritorno, per cui riuscire ad intravedere nuovi scenari produttivi in linea con queste nuove normative è il compito di questo Enzima.
Il 2 dicembre 2015 la Commissione Europea ha adottato la Comunicazione “L’anello mancante: un piano d’azione europeo per l’economia circolare” in cui analizza l'interdipendenza di tutti i processi della catena del valore: dall’estrazione delle materie prime alla progettazione dei prodotti, dalla produzione alla distribuzione, dal consumo al riuso e riciclo. Si tratta di un articolato pacchetto di misure che comprende l’elaborazione e/o la revisione di alcune proposte legislative, nonché un piano d'azione generale corredato da un allegato in cui è indicata la tempistica prevista per ogni azione, un cronoprogramma che detta i tempi di un veloce cambiamento. Il piano d'azione è importante perchè individua le misure chiave e le aree specifiche di intervento tra cui: l'eco-progettazione, lo sviluppo di mercati delle materie prime secondarie, l’adozione di modelli di consumo più sostenibili, la gestione circolare degli scarti prodotti. Contestualmente, sono state presentate quattro proposte di modifica di sei direttive che ricadono nell’ambito del pacchetto di misure sulla economia circolare che nel tempo assumeranno un'importanza fondamentale.
Il Governo Italiano nel settembre 2020 - in piena pandemia - ha approvato definitivamente i 4 Decreti legislativi che attuano il Pacchetto Economia Circolare, il cui impatto sulle imprese manifatturiere italiane potrebbe essere significativo, a patto che venga colmato l’attuale deficit formativo, economico ed impiantistico per la gestione degli scarti prodotti.
Il D.lgs 116/2020, conosciuto anche come “Decreto Rifiuti”, che attua le Direttive su rifiuti, imballaggi e rifiuti da imballaggi;
Il D.lgs. 121/2020 che introduce una nuova disciplina per quanto riguarda i conferimenti in discarica;
Il D.lgs. 118/2020 relativo ai RAEE e ai rifiuti da pile e accumulatori;
Il D.lgs 119/2020 relativo alla gestione dei veicoli fuori uso.
Il D.lgs. 116/2020 ha introdotto anche la Responsabilità Estesa del Produttore (REP), un concetto che porta ad un vero e proprio cambio di paradigma verso la sostenibilità e l'economia circolare. Si tratta del principio secondo il quale il costo dell'impatto sull'ambiente (inquinamento e emissioni di CO2) deve essere sostenuto dal soggetto che produce il bene inquinante. La Responsabilità Estesa del Produttore nasce per prevenire la produzione di rifiuti incentivando i produttori ad allungare il ciclo vita di prodotti e materiali.
Questo concetto apre le porte per un cambiamento radicale anche nel modo di fare impresa. Ricadute importanti si avranno principalmente nella (eco)progettazione di tutti i prodotti, la cui priorità dovrà necessariamente essere lo studio del loro fine vita pensato per recupero, riuso o riciclo secondo i nuovi modelli di business circolari visti nell'Enzima 5.
Le aziende saranno chiamate a rivedere le Supply Chain (Enzima 4) ma soprattutto a rivalutare i processi interni – produttivi e gestionali – secondo nuovi paradigmi, applicando per esempio il principio del Lean Thinking abbinandolo al Circular Thinking Design, garantendo in questo modo alla struttura una migliore performance, sia in ambito produttivo che in quello ambientale, sociale ed economico, sempre più in linea con le nuove strategie dell’Unione Europea e dei 17 SDGs dell’ONU.
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